23 MARZO / 9 GIUGNO 2023

Piero Fogliati

CITY POETRY

VIDEO INSTALLATION VIEW

Piero Fogliati – CITY POETRY

Piero Fogliati, City Poetry, Installation view, at Tempesta Gallery Milano, 2023

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Installation view, at Tempesta Gallery Milano, 2023

ph Sarah Indriolo

MACCHINA CHE RESPIRA

Piero Fogliati, City Poetry, Macchina che respira, at Tempesta Gallery Milano, 2023

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Installation view, at Tempesta Gallery Milano, 2023

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati “City Poetry”, Ermeneuti

ph Sarah Indriolo

FLEXIMOFONO

Piero Fogliati, City Poetry, Fleximofono, o anche Scultura sonante, costituito da una serie di molle disposte con regolarità in acciaio armonico e fissate ad una lamiera appesa al soffitto. Questo permette che il lavoro presenti un duplice esito sonoro e visivo. Fogliati sostiene di aver scelto le molle perché aveva cominciato a tenere conto, nella scultura, “del fatto che doveva essere leggera fisicamente”

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Campo Autonomo, che risuona come un direttore di orchestra in lungo e largo nello spazio creando sinfonie diverse. Nell’ambito della progettazione della Città Fantastica Fogliati aveva pensato di realizzare un congegno in grado di autoprogrammarsi in modo sempre variabile, così da non presentare mai un evento uguale a se stesso. Questo congegno, come una sorta di torre di controllo, avrebbe poi innescato le macchine garantendo la non ripetitività degli esiti di ciascun ambiente.

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Campo Autonomo, dettaglio

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Reale Virtualecostituito da un’ampolla di vetro finissimo soffiato a mano posta sopra un proiettore, appositamente costruito dall’artista, al cui interno sono stati inseriti 2 oggetti ma, come anticipa il titolo stesso, un oggetto è effettivamente reale, l’altro ne è la copia virtuale, equivalente ma speculare.

ph Sarah Indriolo

PRISMA MECCANICO

Piero Fogliati, City Poetry, Prisma Meccanico, composto da un proiettore di Luce Sintetica e da un supporto di alluminio a forma di disco dipinto di bianco, verticale, rotante su se stesso ad elevata velocità che raccoglie la luce e la riflette scomponendola nei suoi colori di composizione. Il disco bianco (appunto il “prisma meccanico”) si colora nelle tonalitá primarie dell’arancione, viola, verde, blu e il passaggio tra una e l’altra non è mai netta, ma avviene per sfumature.

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Successioni Luminose, in grado di disorientare lo spettatore e di stravolgere le leggi fisiche della “materia”: i fasci di luce puntano sul disco e, grazie al movimento,  generano un effetto deformante e moltiplicatore che supera i confini delle forme che appaiono perfettamente intersecate. L’esito luminoso è l’impressione di osservare una scultura di luce che cambia forma e numero in successioni crescenti/decrescenti.

ph Sarah Indriolo

Piero Fogliati, City Poetry, Ermeneuti

ph Sarah Indriolo

PIERO FOGLIATI

“CITY POETRY”

TEMPESTA GALLERY

Foro Buonaparte 68, Milano

TESTO CRITICO DI DANIELE PERRA

Piero Fogliati: l’artista-inventore che colorava la pioggia.

Intervista semi-immaginaria* di Daniele Perra

 *Le risposte sono estrapolate dal video Piero Fogliati. Il poeta della luce, (2003) in cui l’artista si racconta e da alcuni testi annotati sui suoi disegni.

Per Fran Lebowitz, scrittrice — da più di quarant’anni col blocco dello scrittore — e caustica umorista americana, ci sono “solo quattro tipi di artista: i coreografi, gli scrittori, i compositori e i pittori”. Alla sua radicale, rigida, discutibile e indiscutibilmente anacronistica categorizzazione, aggiungerei l’affascinante e senza tempo figura dell’inventore. Colui che sperimenta senza soluzione di continuità, che “mette in azione”, che gioisce per seducenti nuovi dispositivi e “marchingegni” andati a buon fine, come solo un bambino curioso sa fare. E Piero Fogliati è stato un instancabile inventore. Artista visionario, poliedrico e dall’immaginazione sconfinata, ha trasformato “congegni” meccanici ed elettrici in opere multisensoriali e atmosferiche, giocando con la luce, col movimento e con la percezione. Immaginava una città fantastica ma le sue opere hanno un forte legame con la natura e con alcuni suoi elementi: il sonorizzatore del vento, la scultura di aria, la scultura di acqua nell’acqua, la sonorizzazione dei laghi e dei fiumi. Perché alla realtà dell’industria e alle tecnologie, per cui Fogliati nutriva una certa fascinazione, ha sempre fatto da contraltare la trasformazione dell’ambiente e del paesaggio.

Non ho mai avuto occasione di incontrare Fogliati o di intervistarlo. Se ciò fosse accaduto, la nostra conversazione sarebbe andata, più o meno, così.

Grazie alla scienza e alla tecnologia, ha superato, fantasmagoricamente, i confini del quadro. Ho usato la parola “fantasmagoria” perché la trovo in linea con la sua poliedricità e col suo sguardo di inventore fantasticante.

Il mio lavoro consiste nell’uscita di quelle che erano le due dimensioni del quadro tradizionale con l’utilizzazione di mezzi tecnologici. Ovvero, utilizzando dei procedimenti che vanno ad insinuare, a sollecitare il meccanismo della percezione, è possibile destare quelle forze, quelle entità latenti che abbiamo in noi e non utilizziamo.

Ho sempre avuto una grandissima passione per la tecnica e per la scienza, però ho cercato di inventare un abito da appoggiare sugli oggetti della scienza, sui fenomeni. Un abito che desse la possibilità di isolare il fenomeno stesso ma di permettere a questo fenomeno di uscir fuori. Un capovolgimento che arriva alla nostra mente.

“Io sono uno scienziato che tradisce la scienza.” Ovvero un artista-inventore che chiama le sue opere invenzioni e i suoi disegni fissazioni.  

Prima mi impossesso di tutti quei mezzi che ho a disposizione e poi tradisco la scienza, perché invece di utilizzarla per fare oggetti di consumo, pratici, uso tutte le mie conoscenze per indirizzare i miei risultati, le mie invenzioni — chiamiamole come vogliamo — per ottenere un fatto estetico.

La scultura sonante Fleximofono (1967) sembra simulare il rumore del vento o delle onde del mare contro gli scogli; in Liquimofono (1968) si sente lo sciabordio di elementi liquidi; l’Anemofono (1968) sembra generare un vento impetuoso; in Euritmia evoluente (1970) un piccolo anello bianco, animato da un motore elettrico per mezzo di un esile filo di nylon, potrebbe sembrare un corpo sospeso in movimento, un uccello che fluttua. È la forza dirompente e incontrollabile della natura. Sono i suoi elementi che penetrano la città fantastica.

Ogni cosa ha un suo centro che va svelato. Provo a penetrare all’interno della realtà cercando di svelarne i segreti nascosti. Volevo inserire parallelamente al quotidiano, alla città esistente, una presenza che andasse in tutti i sensi. Desideravo riuscire a estetizzare una parte della città per rendere vivibili, in un modo piacevole, le nostre abitazioni, per vedere i cieli decorati, per colorare la pioggia, per sonorizzare i laghi e i fiumi.

Inventare è giocare. Pensare è libertà.

L’arte è un gioco. Come la vita. Il gioco significa espansione. Ho cambiato continuamente il mio lavoro per poter attingere a vari campi, dall’ottica alla meccanica, per mettere insieme le conoscenze necessarie per creare questi mezzi dei nostri tempi.

Pensare è molto bello. Col pensiero si va lontani. Ci si può permettere di navigare tra universi, pensando a tutte le possibilità con una grande apertura. E questo lo faccio non da scienziato ma da artista, e da artista sono assolutamente libero di pensare.

La luce può creare fantasmi.

Solo con la luce posso creare delle immagini mentali di tipo diverso. Immagini che noi vediamo coi nostri occhi ma in realtà quelle immagini non esistono. L’arte nel mio caso diventa pura energia. Un’energia definita, a disposizione di chi la osserva. Nell’Aura cromatica (1970), ad esempio, si osservano delle bacchette illuminate di bianco per poi accorgersi che da queste bacchette scattano dei lampi di luce colorata. Vado alla ricerca di tutto ciò che è nascosto in noi. Sono presuntuoso e forse anche megalomane nel voler vedere il colore dell’anima. Se io sapessi che cos’è la luce, sarebbe una cosa troppo grande.

La luce può colorare la pioggia.

Proiettata su corpi in movimento la luce si rivela nei colori separati. Si vedono gocce di pioggia colorarsi con i colori del prisma. La città appare variopinta e diviene fantastica.